Sviluppo sostenibile e austerità. Se ne è parlato a Sassari durante un convegno organizzato per il novantesimo anniversario della nascita di Enrico Berlinguer. Aperto dall’intervento di Nicola Sanna, presidente dell’associazione “Luigi Polano”, l’incontro è stato moderato dal giornalista Vindice Lecis. Al dibattito hanno preso parte lo scrittore Salvatore Mannuzzu, il consigliere regionale Luigi Lotto, l’ex deputato Mario Birardi e Ugo Sposetti, parlamentare del Pd.
Già negli anni della solidarietà nazionale, Berlinguer introduce due concetti chiave: austerità e sviluppo sostenibile. Idee che, con l’attuale modello di crescita entrato in una fase di recessione, appaiono ancora attuali. Già allora Berlinguer intuisce che i costi della crisi, del non-lavoro e della decadenza saranno pagati da chi sta peggio. L’unica soluzione è, per lo storico leader del Pci, puntare sulla conversione radicale dell’intero sistema.
Nel gennaio del 1977 Berlinguer indica la via da seguire. Lo fa con due celebri discorsi, tenuti a distanza di pochi giorni: a Roma, al teatro Eliseo, e a Milano, al teatro Lirico. Due interventi di grande importanza. “Per noi l’austerità – dice Berlinguer – è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato”.
Per Berlinguer l’austerità è rigore, efficienza, serietà e giustizia. E’ “il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora e che ci ha portato a una crisi gravissima, i cui guasti si accumulano da anni e che oggi si manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata”. L’austerità è lotta “contro il dato esistente, contro l’andamento spontaneo delle cose”. E’ una necessità, una premessa per avviare il cambiamento dell’Italia di allora. Ed è una scelta che porta con sé un avanzato e concreto contenuto di classe, “uno dei modi attraverso cui il movimento operaio si fa portatore di un modo diverso del vivere sociale”.
Nicola Sanna, presidente dell’associazione “Luigi Polano”, conosce Berlinguer nel 1981. In quell’anno, da studente di appena diciotto anni, deve pronunciare un discorso in piazza Università. Su quello stesso palco, poco dopo, parlerà Enrico Berlinguer. Nel ricordarlo, Sanna ha voluto ribadire uno dei concetti fondamentali espressi dal leader Pci, una frase di bruciante attualità: “Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi”. Un pensiero quanto mai attuale nello scenario italiano contemporaneo. “Parole che non è stato possibile sentire da altre personalità politiche italiane a quasi 30 anni dalla sua scomparsa”, ha detto Sanna.
L’austerità berlingueriana è progressista e innovativa, vi si ritrovano elementi insiti nel moderno termine “sostenibilità”. “Ma la parola austerità, nei momenti di crisi del capitalismo occidentale, ha avuto ed ha tutt’ora una declinazione politica di destra – ha osservato Sanna – conservatrice del sistema economico dato, che in Europa fu già interpretata dalla Lady di ferro, Margaret Thatcher, e oggi da un’altra donna, espressione sempre della destra europea, Angela Merkel”.
La parola austerità usata dal leader del Pci, invece, ha una portata rivoluzionaria. Viene pronunciata all’inizio del 1977, prima della nascita in Italia del movimento ambientalista e molto prima che si cominci a parlare di critica del modello di crescita e di sviluppo. E fa discutere che a usarla sia proprio il leader del Pci, in un momento travagliato della storia repubblicana. Per la prima volta il concetto di austerità viene declinato nella sua accezione rivoluzionaria, come occasione per la trasformazione della società capitalistica. E’ l’inverno del 1977 e bisogna porre un freno all’inflazione. Al governo c’è Andreotti, sostenuto dalla non sfiducia o astensione dei comunisti, reduci da un successo elettorale mai visto prima. E’ stata appena varata una dura manovra finanziaria, che a quei tempi prende il nome di “stangata”: prevede l’abolizione delle festività, l’aumento del tasso di sconto, della benzina, della luce, delle sigarette, dei saponi, dei fertilizzanti, delle tariffe postali, dei biglietti dei treni, delle assicurazioni delle auto.
Se si presta attenzione ai discorsi di Berlinguer ci si rende conto, però, che la parola più usata non è austerità, bensì spreco. Il consumo che produce spreco è, secondo Berlinguer, il miglior alleato dell’ingiustizia. “Il consumismo è di massa – ha spiegato lo scrittore Salvatore Mannuzzu – come una malattia che non risparmia nessuno. Ha contagiato anche i più miseri. La caduta dei consumi, qui da noi, è un dato negativo per l’economia. L’umanità ha necessità complessivamente di consumare di più. Ma bisogna cambiare il modo di consumare, dire no ai bisogni immaginari (come li chiamava Marx)”.
Già in quegli anni Berlinguer parla di sostenibilità: è necessario soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, senza però compromettere il futuro di quelle a venire. “Ci fu anche nel popolo comunista la paura di dover rinunciare a qualcosa. Furono pochi a capire che, se non si cambiava il modello di sviluppo, i bisogni veri sarebbero restati insoddisfatti”, ha spiegato Mannuzzu. Secondo lo scrittore l’impasse contemporanea è anche e soprattutto politica. I cittadini, che dovrebbero essere i portatori del cambiamento, non mostrano voglia di partecipazione: sono “anestetizzati, spompati, depoliticizzati”. “Il disastro economico ed ecologico che ci minaccia può essere preso in mano solo dall’homo sapiens – ha detto Mannuzzu -. Berlinguer non poteva fare i conti con questa disperazione, ma l’idea di austerità che lui ci consegna è un’indicazione, è l’unico possibile cammino, perché disegna un’austerità con una forte accezione soggettiva, culturale”.
Ma il termine austerità, non è una parola improvvisata o spontanea. Come ha spiegato Mario Birardi, il concetto viene elaborato ben prima dei due famosi discorsi. Non nasce al convegno dell’Eliseo, ma è il risultato di un lavoro e di una riflessione portati avanti di riunione in riunione. La proposta dell’austerità solleva in quegli anni una grande questione sociale, economica, politica e anche morale, ancora oggi presente. “Sono in molti a chiedersi se Berlinguer parli all’Italia di oggi: alcuni parlano di attualità, altri di inattualità”, ha detto Birardi. Di sicuro, delle considerazioni di allora, resta il concetto di sostenibilità dello sviluppo, implicito nella concezione berlingueriana di austerità.
Da Il Post Viola