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  • Maria Elena Tanca
  • Nata a Sassari nel 1981, è giornalista professionista dal 2010.
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27 settembre 2012 4 27 /09 /settembre /2012 12:20

Donatella P., 50 anni, è precaria da 22. Insegna alle superiori, in Campania. E’ uno degli amministratori del gruppo Facebook Precari uniti contro i tagli. Sabato è scesa in piazza a Roma per protestare contro i provvedimenti annunciati dal ministero dell’Istruzione. E’ tra gli organizzatori della manifestazione, alla quale hanno preso parte docenti “senza cattedra”, personale ausiliario e studenti universitari.

“I telegiornali hanno dichiarato che la scuola è iniziata, è tutto a posto e tutto va bene. Nel frattempo c’è il ministro Profumo che se ne esce con questa meravigliosa notizia del concorso, dicendo di far largo ai giovani”, dice Donatella. Il concorso, nelle intenzioni del ministro dell’Istruzione, dovrebbe servire a svecchiare la scuola, ma il fronte del no è vastissimo. “Ci sono 250.000 docenti in attesa in doppia graduatoria (di merito e a esaurimento). Il concorso richiede persone abilitate: stiamo parlando dunque di gente che, come minimo, sta in graduatoria da sei o sette anni. Persone che avranno almeno 30-35 anni – dice Donatella -. Non sono giovani. Io quando ho fatto il mio concorso ne avevo 26: allora sì che ero in grado di svecchiare la scuola e invece sono ancora precaria”.

La sua classe di concorso è in esubero, quindi non rientra nemmeno tra quelle che parteciperanno all’eventuale prova. “Non capisco come mai persone che hanno avuto un incarico annuale per lo meno per cinque anni, hanno portato avanti classi, hanno giudicato ragazzi, li hanno esaminati e maturati non valgano più nulla e debbano fare questi test ridicoli. La verità è che questo concorso è stato fatto per ripulire, per tagliare le gambe alla metà dei precari”, si sfoga. Neanche i sindacati, a suo dire, aiutano, perché tutelano solo gli insegnanti di ruolo. “I precari, la parte più debole, sono invisibili”. Ricorda ancora il suo concorso, nel 1990. Durato quasi un anno, constava di quattro prove. “E’ stato l’ultimo concorso sia a cattedra che abilitante. Ero pronta a fare un’altra gavetta di dieci anni, così come me l’ero fatta precedentemente nel restauro. Perciò ho iniziato a fare qualche supplenza breve, di due, tre, quattro mesi. Man mano che passavano gli anni ho acquisito sempre più punteggio. Così, ho iniziato con gli incarichi annuali, che allora garantivano una copertura lavorativa abbastanza ampia, in quanto terminavano il 31 agosto. Ora, con i vari tagli, non è più così”.

Donatella descrive una situazione precipitata nel caos dove, a causa degli interventi legislativi dei vari governi che si sono susseguiti, non si capisce più nulla. Lo spauracchio del concorso è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Prima  di quello c’è stata la riforma Gelmini, che ha colpito personalmente Donatella. Insegnava infatti in un istituto d’arte, struttura che ora non esiste più. “La Gelmini ha fatto diventare gli istituti d’arte licei artistici, appiattendo una competenza e una storia incredibile di un’istituzione che aveva una sua nobiltà”. Con la riforma Gelmini sono state inoltre cancellate tante ore di laboratorio, non solo negli istituti d’arte, ma anche in quelli professionali. “Scelte fatte solo per risparmiare, che sono ricadute sia sui docenti di ruolo, sia sui docenti precari. Non parlo di supplenza su malattia, parlo di gente che lavora da più di dieci anni su incarichi annuali, utilizzata su cattedre vacanti”. Tra l’altro, fa notare Donatella, la riforma Gelmini ha annunciato l’accorpamento di alcune materie. Il concorso, invece, segue le vecchie regole, dunque abiliterà “gente vecchia che dovrebbe insegnare materie che probabilmente tra quattro o cinque anni scompariranno”.

Un sistema perverso che non piace nemmeno a Paola R., docente di scuola materna e primaria e insegnante di sostegno. “Il concorso sarebbe la mia unica possibilità di avere un ruolo. Nonostante questo sono contraria perché è una truffa, non agevola nessuno, passerà solo chi è raccomandato”. Paola ha 40 anni e una precedente laurea in pedagogia a indirizzo psicologico. Ha lavorato per tanti anni come psicopedagogista nelle scuole. Poi una nuova città, nella quale non era conosciuta come esperta, perciò si è messa a fare l’insegnante. Ora sta per laurearsi in  Scienze della formazione: il titolo le permetterà di ottenere l’abilitazione. “Ma è un’abilitazione fasulla, perché fino a quattro anni fa permetteva di entrare nelle graduatorie, ora non più – si lamenta Paola -. Io sto nel nord della Toscana. L’anno scorso ho lavorato fino a dicembre con una bambina sorda e a gennaio ho iniziato con un altro bambino. Chi ci rimette sono i bambini. Bene o male noi il lavoro ce l’abbiamo”. Nel nord Italia gli insegnanti vengono reclutati anche solo sulla base di graduatorie d’istituto, come conseguenza della cosiddetta autonomia scolastica: “Di persone abilitate al sostegno nella scuola primaria ce ne sono veramente poche, quindi prendono chiunque, perfino chi non ha l’abilitazione. Basta anche solo il diploma magistrale. Questo dimostra quanta carenza d’insegnanti c’è”.

Anche Paola fa parte del comitato Precari uniti contro i tagli. Il gruppo chiede continuità didattica, l’assunzione su tutti i posti liberi, su tutti i posti che ogni anno vengono dati a tempo determinato. Dice inoltre no al ddl 953 (ex legge Aprea) “perché è un tentativo di portare la scuola alla privatizzazione” e no alla riconversione su sostegno. “Con i tagli della Gelmini c’è personale in esubero. Queste persone, con un semplice mini-corso, dovrebbero diventare insegnanti di sostegno, ma non è il loro ruolo”, spiega Paola. Il comitato, un movimento apolitico nato dal basso, lotta per la difesa della scuola statale. E non pubblica, perché quest’ultima include anche le scuole private paritarie. “La scuola statale è veramente allo sbando. Arriveremo alla privatizzazione, perché questo è l’iter a cui ci stanno portando sia il Pdl, sia il Pd che l’Udc. In questo modo chi è ricco potrà studiare e chi è povero resterà ignorante”.

 

Da Il Post Viola

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